San Giovanni Maria Vianney

Su di lui sembra non puntare nessuno. Soltanto un sacerdote crede in questo giovane, che pare proprio non avere talenti e capacità: è l’abbé Charles Balley (1751-1817), parroco di Écully, presso Lione.

Giovanni Maria nacque a Dardilly, dove aveva preso dimora la famiglia Vianney, l’8 maggio 1786. Fu battezzato il giorno stesso.
Fin da piccolo fu educato a frequentare la chiesa. Le celebrazioni liturgiche lo affascinavano così tanto da imitarle e ripeterle una volta tornato a casa o mentre andava al pascolo.  Il bambino imparò ben presto anche a venire incontro alle necessità dei bisognosi, prendendo esempio dai suoi genitori, che lavoravano senza risparmiarsi la campagna, riuscendo a condurre una vita tranquilla e con generosità sfamavano ogni giorno molti poveri.

Nel gennaio del 1791 entrò in vigore nel lionese la Costituzione civile del clero. Giunse un nuovo parroco, don Giacomo Tournier , anch’egli compromesso con il regime di Parigi. In perfetta buona fede, la famiglia Vianney continuava ad assistere alla Santa Messa.
I preti sani che avevano rifiutato il giuramento per tale ragione erano stati cacciati, ma subivano anche pesanti persecuzioni ed erano costretti a fuggire per non finire sotto la ghigliottina.

La famiglia Vianney, incurante degli evidenti pericoli, prese ad ospitare in casa propria i preti refrattari, dove potevano anche celebrare le Sante Messe.
Il 1793 è l’anno del Terrore e a Lione la ghigliottina lavora senza tregua. Giovanni Maria cresce in questo clima oppressivo, di violenza feroce. Diventa apostolo e catechista fra i suoi coetanei. Organizza processioni e, mentre in tutta la Francia sono state proibite le cerimonie religiose, il ragazzo guida i coraggiosi compaesani, che seguono una croce fabbricata semplicemente con due bastoni, recitando il Rosario e cantando.

A Dardilly la scuola, a causa della furia rivoluzionaria, era stata soppressa.
Il colpo di Stato dell’anno IV portò Napoleone al potere e, quindi, i sacerdoti refrattari fecero ritorno alle loro chiese.

Giovanni Maria ha ormai 20 anni e le sue manifestazioni sono decisamente di carattere ascetico. Preghiera, penitenza, meditazione. A tavola mangia quasi sempre solo la minestra. Spesso trascorre il tempo in chiesa oppure nella canonica di Écully insieme al curato don Balley, il quale lo prende fin da subito in grande simpatia: vede qualcosa in lui che altri non scorgono.

In canonica si accosta agli studi, ma fin dal principio manifesta grandi difficoltà. La sua intelligenza è rimasta arrugginita per troppi anni. Con tenacia e volontà si concentra sui libri, ma le difficoltà sono enormi, tanto da sembrare insormontabili.
È proprio in questo tempo che Giovanni Maria sperimenta una dolorosa e forte crisi vocazionale, provando un netto disgusto per i libri. Fra l’altro il padre di Giovanni Maria Vianney è decisamente contrario all’ordinazione del figlio, che lo reclama in famiglia per impiegarlo nelle mansioni rurali.

Cosciente del pericolo, decide di ricorrere all’intervento divino: si sarebbe recato a piedi fino al santuario di La Louvesc, presso la tomba  di san Francesco Regis.
È il 1806. Durante il suo pellegrinaggio viene scambiato per un fannullone, un vagabondo e subisce minacce, rischiando di venire denunciato ai gendarmi.

I libri di studio non gli diedero più la nausea, ma a 24 anni era al livello di uno studente di 15.
Giovanni Maria aveva 26 anni quando don Balley ritenne che era giunto il momento di provare l’inserimento nel Seminario anche se la sua la pagella non era delle migliori riuscì, , ad entrare nel Seminario di Lione.
Ma i nodi vennero subito al pettine e nel consiglio docenti si diceva: «Capisce male il latino e lo parla ancora peggio», fino ad arrivare alla decisione: «Sarebbe il caso che il giovane se ne tornasse a casa e utilizzasse il suo tempo in modo più sensato. La vita sacerdotale non fa per lui..». Giovanni Maria Vianney, colui che sarebbe stato proclamato da Pio XI,  «celeste patrono di tutti i parroci dell'universo» e da Benedetto XVI, nel 2009, «di tutti i sacerdoti del mondo», venne espulso dal Seminario.

Affinché riuscisse a indossare la talare, è stata fondamentale tutta la tenacia dell’abbé Charles Balley la posto in gioco è troppo alta.
Finalmente il 13 agosto del 1815, a 29 anni e tre mesi, dopo indicibile fatica, poté salire all’altare e compiere il primo sacrificio eucaristico.

Ora,  per la diocesi di Lione, si poneva il problema di dove collocarlo. Era vacante una minuscola cappellania (neppure parrocchia) di Ars del dipartimento dell’Ain, a 35 chilometri a nord di Lione. Gli abitanti erano 230. Non valeva la pena “sprecare” un sacerdote per una realtà così piccola e situata in un luogo dimenticato dal mondo. Tuttavia, c’era quell’ “ignorante” pretino di 32 anni da sistemare.
Il 9 febbraio 1818 l’ “inutile” ministro di Dio si mise in cammino e, trovato un ragazzo per la via, gli domandò l’indicazione per il villaggio che doveva raggiungere, promettendogli, come evoca, ricordando le parole pronunciate dal santo, il «Monument de la Rencontre» di Ars: «Io ti mostrerò il cammino del cielo».

Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie,
Quando giunse ad Ars il 13 febbraio 1818 trovò un paese immerso nella solitudine, isolato, quasi inaccessibile, anche a causa della quasi impraticabilità delle strade. Gli abitanti, infatti, non si allontanavano quasi mai da lì, «essendo del resto selvatici per natura».
Dinanzi all’opera da intraprendere si sentiva debole e insufficiente, ma abbattendo l’orgoglio spalancò le porte alla forza misteriosa della Grazia, che inondò la sua anima e il paese di Ars, per il quale offrì tutto se stesso, sottoponendosi a durissime penitenze. Per diverso tempo dormì al piano terra con pavimento e muri umidi e senza materasso poiché lo regalò ai poveri.

Per cibarsi cuoceva patate per una settimana e le mangiava fredde, a volte ricoperte di muffa. Di tanto in tanto si faceva cuocere un uovo nella cenere calda oppure impastava un pugno di farina con acqua e sale. Di tutta fretta mangiava quel poco-niente e beveva un bicchiere d’acqua. Proverbiali erano poi i suoi digiuni, di cui faceva uso per scacciare il peccato dalle anime. Affermava: «Questa specie di demoni non si scaccia che col digiuno e la preghiera» (Mt 17,20).

Utilizzò l’istruzione religiosa per debellare l’ignoranza , evangelizzò, catechizzò, lanciando una vera e propria crociata contro la bestemmia, il lavoro festivo, le osterie e i balli. Le persone andavano a confessarsi sempre più frequentemente , come accadrà anche al confessionale di Padre Pio da Pietrelcina, l’abbé Vianney non le assolveva se non vedeva il pentimento.

Tutti gli obiettivi che si era posto al suo ingresso nel villaggio furono raggiunti, riuscendo anche a sopprimere le osterie, dispensatrici di vizi e miseria. Gli antidoti dell’abbé Vianney al malcostume, allo sciupio della vita erano: messe quotidiane, sacramenti, catechismo, vespri, preghiere, letture devote, rosario, processioni, così si realizzò la restaurazione spirituale ad Ars, che andò di pari passo con quella materiale.
Aveva per il peccatore tenera compassione, ma ciò non gli impediva di essere senza misericordia verso il peccato, di fronte al quale diventava rigidissimo e tuonava, spiegando che esiste una santa collera che viene dallo zelo «con cui dobbiamo sostenere gli interessi di Dio».

La cappellania diventò parrocchia nel 1821 e Vianney inziò l’opera di restauro della chiesa. Inoltre, nel 1824, aprì una scuola e un orfanotrofio per ragazze, chiamato «Providence». Le giovani erano tante, circa 60, e il cibo, un giorno, iniziò a scarseggiare. Vianney pregò e il granaio si riempì: la cosa singolare è che il poco grano vecchio rimasto si distingueva dai chicchi nuovi. Ci fu carestia a causa della siccità e la farina era rarissima, ma il mediatore di Dio, con la preghiera, moltiplicò anche quella.
Tormentato dal desiderio di solitudine e di meditazione, sognava il giorno in cui avrebbe potuto ritirarsi ma i disegni erano ben diversi.
Dopo cinque anni Ars non era più Ars. Come affluenza di persone sembrava divenuta una metropoli. I forestieri rimanevano stupiti e meravigliati quando vi giungevano: il comportamento degli abitanti era esemplare. Ad essi il curato aveva raccomandato di recitare l’Angelus tre volte al giorno, perciò quando i tre colpi di campana si diffondevano nella valle, tutti si fermavano: gli uomini si scoprivano il capo, le donne giungevano le mani e tutti pregavano.
Violente furono le persecuzioni diaboliche ai danni del Curato d’Ars, che sarà nominato esorcista. Il maligno, che lui chiamava «grappino», lo pedinò per circa trentacinque anni. Rovesciava le sedie, scuoteva i mobili e ripeteva: «Vianney, Vianney! Mangiapatate!, Ah! Non sei ancora morto!». Grugniti di orso, latrati di cane…Vianney pregava e faceva penitenza, non mangiava e non dormiva e un giorno il «grappino», sconfitto, non tornò più a molestarlo.
La fama di santità percorse tutta la Francia e anche oltre. Il santo si schernì sempre dall’essere l’autore di prodigi attribuendo tutto all’intercessione di santa Filomena di cui conservava una reliquia.
Tuttavia quella fama di santità urtava parecchi ecclesiastici, che non potevano credere in un sacerdote “ignorante”, spesso considerato addirittura pazzo. A tali illazioni monsignor Alexandre Raymond Dévié, vescovo di Belley, rispondeva: «Signori, io auguro a tutto il mio clero un granellino di questa follia».

I suoi sermoni sono un capolavoro di dottrina. Siamo di fronte a un predicatore straordinario. Si prepara le prediche ma quando le espone, parla con tanta convinzione, con tanto amore per Dio che coinvolge e travolge gli uditori.
Fu un martire del confessionale: arrivò a starvi anche 18 ore al giorno.
Fra i tanti doni straordinari di don Vianney c’era quello del discernimento degli spiriti, che gli permetteva di scrutare i cuori e rivelare anche ciò che i penitenti non osavano dire. Giorno, notte, sempre, senza sosta. Soffriva di emicranie paurose dentro il confessionale, gelido d’inverno, una fornace d’estate, eppure proseguiva, incurante di sé.
Nel confessare Don Vianney non faceva mai distinzioni fra i fedeli.
Una volta un ricco signore si lamentò a gran voce perché era costretto, per confessarsi, a rispettare la fila come gli altri. Con passo deciso si avviò al confessionale, superando tutti e con arroganza disse: «La settimana scorsa, io, sono stato a pranzo con l’imperatore!», allora l’abbé Vianney spuntò fuori e rispose: «E io pranzo tutti giorni con Nostro Signore!». Arguto e pungente, il Curato rispondeva sempre a tono.
Incoraggiava alla comunione frequente, affermando che non tutti coloro che si avvicinano all’altare sono santi, ma i santi sono fra coloro che si comunicano spesso.

Morì, sfinito, ma senza agonia, il 4 agosto 1859 alle 2 della notte. Papa san Pio X lo ha proclamato beato l'8 gennaio 1905; mentre il 31 maggio 1925 è stato canonizzato da Pio XI. Nel centenario della morte, il 1° agosto 1959, il beato Giovanni XXIII gli ha dedicato un’enciclica additandolo a modello dei sacerdoti.

 

(fonte: www.santiebeati.it)