San Gabriele dell'Addolorata

San Gabriele è il santo del sorriso. Seppe vivere sempre con gioia ed entusiasmo la sua esistenza. Né le varie sofferenze della sua vita, né la morte in giovane età riuscirono a spegnere il suo sorriso.

Immaginiamo un giovane studente di quasi diciotto anni. Un ragazzo di famiglia agiata (suo padre era un alto funzionario dello Stato Pontificio), di buona intelligenza, di carattere esuberante, aperto a tutto il fascino che la vita può offrire. Era un bel ragazzo, biondo di capelli, che teneva ben curati, di figura delicata e snella e di carnagione rosea.
Come tutti i giovani, ci teneva al proprio look: vestiva infatti bene (oggi si direbbe con abiti griffati), a volte anche in maniera raffinata. Ogni vestito lo portava in maniera signorile e distinta. Era poi un ragazzo di buona compagnia, molto socievole, dalla battuta pronta e intelligente. Aveva anche recitato in qualche accademia, dove aveva incantato tutti con la sua voce dolce, maliosa ed evocatrice. Era ben consapevole di questo dono. Non amava certo la vita chiuso in casa, ma gli piaceva la natura, andare a caccia in allegra compagnia. Non disdegnava né le letture romanzesche, né il teatro e la danza (invidiava il fratello perché il padre gli aveva dato il permesso di... fumare). Aveva un debole per la musica come tanti giovani moderni.

Di carattere emotivo, sentimentale: era buono di cuore, facile a commuoversi davanti a spettacoli di miseria. Talvolta però bastava una minima scintilla per far nascere in lui reazioni di ribellioni e d’ira. Ma, a differenza di molti giovani dei nostri giorni, anche cristiani, non si vergognava affatto di andare in chiesa e di pregare. Ultimo particolare non trascurabile, anzi importante per dare il quadro completo del ragazzo: per un po’ di tempo non era rimasto insensibile ad un incipiente amore umano.
Abbiamo qui tutti gli ingredienti perché questo ragazzo faccia la sua strada nel mondo, approfittando di tutte le opportunità che la vita, agiata e fortunata, gli offrirà.
Invece questo giovane di diciotto anni andò in convento per diventare religioso passionista. Un taglio netto con gli interessi e abitudini, amicizie e progetti precedenti. Che cosa c’è stato all’origine di una tale “rivoluzione personale”?

“Tua mamma è lassù”

Prima di diventare Gabriele dell’Addolorata il ragazzo si chiamava Francesco, Possenti di cognome. Nacque infatti in questa cittadina il 1° marzo del 1838, in una famiglia numerosa che suo padre Sante e la madre Agnese curavano e allevavano con amore. Il padre poi era un personaggio importante e facoltoso, un uomo in carriera quindi, ma che tuttavia si prese molto a cuore il compito dell’educazione civile e religiosa dei figli, preparandoli alla vita nei suoi aspetti belli e dolorosi. Anche Francesco conobbe ben presto la sofferenza.
Quando si trovava già a Spoleto alla tenera età di quattro anni perse la madre, morta a trentotto anni. Ogni volta che il piccolo cercava e invocava la presenza della mamma, gli rispondevano, puntando il dito verso il cielo, “Tua mamma è lassù”. Gli facevano lo stesso gesto quando gli parlavano della Madonna. E se chiedeva dove si trovasse la risposta era: “È lassù”. Francesco crebbe con il ricordo di queste due mamme, ambedue lassù, che vegliavano su di lui amorevolmente. Anche quando, in ginocchio, fin da piccolo recitava il Rosario accanto al padre, il pensiero correva nello stesso tempo alle sue due mamme in cielo. Così si comprende la grande e tenera devozione che Francesco avrà per la Vergine Maria. Nella sua camera poi aveva una statua della Madonna Addolorata nell’atto di sorreggere sulle ginocchia il suo Figlio Gesù morto. Francesco la contemplava a lungo, piangendo per i dolori della Madre davanti al Figlio. Questa “devozione” alle sofferenze della Madre di Gesù davanti a Gesù deposto dalla Croce, sono la spiegazione del nome che prese quando diventò religioso, a diciotto anni, nel 1856: Gabriele dell’Addolorata.

All’origine di questa conversione relativamente improvvisa vi sono due episodi significativi e importanti. Francesco aveva già perso oltre la madre anche due fratelli. Ma fu proprio la morte, a causa del colera, della sorella maggiore Maria Luisa (nel 1855) a scuotere profondamente il ragazzo, costringendolo a pensare ad una esistenza diversa da quella che aveva condotto fino a quel momento.
La perdita della sorella lo determina sempre più fortemente a prendere le distanze dalla vita di società e pensare più seriamente alla vita religiosa.
Si dice sempre che non dobbiamo aspettarci interventi diretti da parte di Dio per comunicarci la sua volontà ed il suo progetto su di noi. Dio ama parlare non in prima Persona ma attraverso le cause seconde, come possono essere gli avvenimenti, belli o brutti, piacevoli o dolorosi. Per Francesco questo lutto familiare grave era già stato un messaggio che lo aveva fatto riflettere sulla propria strada. Ma c’è stato anche qualcosa di soprannaturale, di diretto, una comunicazione in prima persona per Francesco. Da parte della Madonna.
Era il 22 agosto 1856. A Spoleto si celebrava una grande processione per solennizzare l’ultimo giorno dell’ottava dell’Assunzione. Anche Francesco era presente, anche lui inginocchiato tra la folla attende il passaggio della Madonna. Lei arriva, e sembra cercare tra la folla qualcuno. L’ha trovato e l’ha guardato. “Appena toccato da quello sguardo, scaturisce dal profondo del suo cuore un fuoco che divampa dolcissimo e inestinguibile. Ogni altro affetto, provato prima, è insipidità a paragone di quella forza d’amore da cui ora è tutto posseduto. Intanto ode distintamente una voce che lo chiama per nome e gli dice: «Francesco che stai a fare nel mondo? Tu non sei fatto per il mondo. Segui la tua vocazione». Fu la svolta radicale. La conversione alla santità.

Francesco diventa Gabriele di Maria Addolorata

Poco dopo entrò nel noviziato dei Passionisti, presso Loreto. Sceglie il nome di Gabriele di Maria Addolorata. “Francesco sente di aver scelto finalmente la via giusta: «Davvero la mia vita è piena di contentezza» scrisse al padre, in attesa di un sano ripensamento e del ritorno a casa. La vita religiosa non lo spaventò.Il giovane diciottenne si adatta infatti con entusiasmo alla rigida regola della Congregazione.
Nel 1859 Gabriele e i suoi compagni si trasferiscono a Isola del Gran Sasso, in Abruzzo per continuare gli studi in vista del sacerdozio. La sua salute però si andava deteriorando, sia per la sua costituzione fisica fragile, sia per la vita rigida della comunità, sia per le sue privazioni volontarie supplementari. La tubercolosi polmonare lo condurrà alla morte, nel 1862, a soli 24 anni.

 

(fonte: www.santiebeati.it)