Ivan

 

ivan filippineMi chiamo Ivan, ho quarantasei anni e con tanta gioia posso dire che oggi Gesù è entrato nel mio cuore e nella mia vita. Sono nato in un piccolo paese della provincia di Milano, ultimo di quattro figli. Mia madre, pur rimanendo vedova quando avevo solo cinque anni, non ci ha mai fatto mancare affetto e amore nonostante tante difficoltà. Ho frequentato gli ambienti della chiesa e l’oratorio fin da piccolo, dove passavo giornate intere a giocare con gli altri ragazzi. Preferivo il gioco alla scuola. All’età di quattordici anni ho iniziato a lavorare e ho cominciato a uscire con gli amici. Vedevo che loro avevano motorini e abbigliamento firmato, e vivevo tanta inferiorità. Questo mi portava a fare delle “marachelle” in casa.

Ho sempre giocato a calcio e all’età di ventotto anni ho iniziato ad andare in palestra, dove col passare del tempo ho cominciato a fare uso di sostanze dopanti. Vedendo crescere i muscoli mi sembrava di acquistare maggiore sicurezza in quello che facevo; il mio comportamento diventava sempre più falso e presuntuoso, sia con gli amici che al lavoro, mentre in casa ero chiuso e mi “mascheravo” fingendo che tutto andasse bene. All’età di trentaquattro anni ho provato la cocaina. All’inizio era solo per provare qualcosa di nuovo ma poi, col passare del tempo, cominciai a usarla sempre più frequentemente fino ad utilizzarla tutti i giorni. Nel 2013 sono stato arrestato nella ditta in cui lavoravo. Da lì sono nati i miei più grossi problemi in famiglia perché ho cominciato a rubare e a dire menzogne in casa.

Una domenica ho ricevuto una telefonata da don Massimo, un sacerdote del Cenacolo, che mi proponeva di entrare in Comunità. Io, testardo, gli risposi che non ci sarei mai entrato e che avrei preferito uscire di casa piuttosto che entrare in Comunità. Un mese dopo, una mattina, sentii dentro di me la voglia di provare ad entrare e da lì cominciai i colloqui. Poco dopo sono entrato nella fraternità di Lille, in Francia. Fin da subito ho visto e sentito che c’era qualcosa di particolare, un’aria diversa. Vedevo il viso gioioso dei ragazzi che mi hanno accolto e i loro occhi puliti. All’inizio sono stato affidato ad Angelo, il ragazzo che è stato il mio “angelo custode”. Era molto più giovane di me, eravamo sempre insieme e a volte non ne capivo il motivo e ritenevo inutili tante cose, ma poi poco a poco ho compreso l’importanza di non essere mai solo.

Durante questo periodo abbiamo avuto dei momenti difficili, ma è cresciuta tra noi tanta amicizia che ricordo tutt’ora con gioia e gratitudine. A volte durante la preghiera del Rosario in cappella dinanzi al Santissimo mi scendevano le lacrime e non capivo il perché. Mi vergognavo di piangere, ma sentivo che il mio cuore si purificava. Cresceva in me tanta voglia di vivere, che mi dava gioia e spensieratezza, e la volontà di dare una svolta alla mia vita aumentava. La prima volta che ho visto la mia famiglia, dopo sette mesi di cammino, tra noi c’è stato un lungo abbraccio, con pianti da parte di tutti; era un pianto di gioia e di liberazione da tutto il passato, per ricominciare di nuovo tutti insieme.

Perseverando nel cammino ho sentito crescere nel cuore il desiderio di fare qualcosa di bello per gli altri e ho dato la mia disponibilità per partire con il gruppo che ha aperto la missione nelle Filippine, dove ho scoperto l’amicizia vera, la gioia di sacrificarmi per gli altri e di aiutare le persone bisognose e tante altre cose che non avrei mai immaginato di vivere. Grazie ai fratelli e alla Comunità ho ritrovato la fede e la voglia di vivere la mia vita nel bene.