Patryk

 

patrykMi chiamo Patryk, vengo dalla Polonia e ho ventitré anni. Sono entrato in Comunità appena maggiorenne per un motivo solo, come ero solito fare: scappare dalla realtà e dalle responsabilità. Nel mio primo anno di scuola hanno scoperto che la mia capacità di seguire le lezioni era al di sotto di quella dei miei compagni e, dopo varie visite, sono stato trasferito in una scuola specifica per i miei problemi di apprendimento. Mi è stata messa così, sin da bambino, un’“etichetta”: non sei come gli altri, non sei “normale”.

Giunto al secondo anno, i nuovi compagni non mi hanno accolto nel migliore dei modi e ho subito anni di bullismo. Mi sono sempre più convinto che quello che mi dicevano i compagni di scuola era la verità: la delusione nei confronti della mia vita era sempre più profonda. Chiuso nella mia solitudine, ho sempre desiderato il bene per me e per chi mi stava attorno, però ero convinto che non sarei mai riuscito a farcela. Alle scuole medie la mia vita ha preso una svolta. Ho deciso di nascondermi dietro le “maschere” e seguire l’esempio di quelli che, a mio giudizio, “contavano” nella scuola. Così, ad appena dodici anni ho conosciuto il mondo della droga, della menzogna e della violenza. A diciotto anni, dopo vari problemi con la legge e un ennesimo litigio con la mia famiglia, ho deciso di andarmene da casa e, dopo poco, sono finito per strada.

Grazie a Dio la mia famiglia aveva già conosciuto la Comunità e, dopo la loro ennesima proposta di entrare, ho accettato di provare. L’inizio è stato veramente difficile perché non riuscivo più a scappare da me stesso. Ho dovuto smettere di lamentarmi e piangermi addosso, per iniziare a credere che ce la posso fare. Ringrazio la Comunità perché non mi ha mai permesso di accomodarmi. Da subito mi è stato spiegato che ora toccava a me agire, scegliere, e in cambio ho ricevuto quello che cercavo da sempre ma mai avevo incontrato: il vero e sincero affetto.

Entrato nelle case della Polonia, dopo qualche mese sono stato trasferito in Italia per il compleanno di Madre Elvira. Mi ricordo che quando eravamo tutti sotto la finestra dalla quale doveva uscire la madre, già in quel tempo anziana e consumata, io pensavo solo a come andare via... Mi stava proprio “scomoda” tutta quella gioia. Mi dava fastidio che tutti mi chiedessero: «Come stai?», che tutti desiderassero conoscermi... E poi ho visto lei, il suo volto materno e consumato, e in quello stesso momento sono scoppiato a piangere. Era la prima volta dopo tanto tempo che ho rivissuto un sentimento dentro di me. L’ho guardata negli occhi ed ero convinto che lei guardasse proprio me, che conoscesse cosa provavo in quel momento. La stessa sera, durante la Santa Messa, quando il sacerdote ha alzato l’ostia durante la consacrazione eucaristica, ho pianto di nuovo con lo stesso sentimento nel cuore. Non riuscivo a capire perché, non volevo vivere tutto questo, ma quella sera ho deciso di voler davvero provare a cambiare la mia vita.

Sono passati anni da quel momento, e oggi mi capita spesso di riflettere su quanto è ricca la vita in Comunità: il ricordo del primo ragazzo al quale hai fatto da “angelo custode”, la prima persona che si è fidata di te; il tuo letto fatto “di nascosto” da qualcuno; un fratello che vede che hai una giornataccia e si ferma a parlarti; il semplice voler bene a qualcuno; il riconciliarsi con la propria famiglia... Tutte queste cose fanno sì che ti svegli al mattino con la voglia di vivere un’altra giornata nel bene, di raccontare a chi ti sta a fianco che si può stare bene, che tutto il male vissuto non è più una vergogna ma è divenuto una strada di salvezza. Ringrazio Dio che mi ha fatto conoscere la Comunità e che mi ha dato un’altra possibilità di vita nuova. Ringrazio perché oggi ho l’anima e il cuore che sentono l’amore e lo vogliono vivere.